Non è più domenica

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Primo Maggio 1994, una domenica che sembra essere come tante altre. Sta per andare in scena l’ultima giornata di serie A, il Milan ha matematicamente vinto il suo terzo scudetto di fila ed ha la mente già ad Atene per la finale di Champions League contro il Barcellona, che vincerà 4-0. Per quanto riguarda il resto delle squadre c’è una grande lotta per l’accesso all’UEFA e per evitare la retrocessione, insomma lo spettacolo sembra non mancare.

Un weekend tragico

Eppure quella domenica ha un sapore strano, molti appassionati delle ruote scoperte si stanno recando ad Imola per il Gran Premio del San Marino di F1. Il clima che aleggia intorno al circus è tesissimo. Il giorno prima, infatti, ha fatto ritorno la morte in pista dopo 12 anni: Roland Ratzenberger, della Simtek, ha perso la vita a causa dell’impatto con le barriere alla curva del Tamburello. Era iniziato con uno spavento il weekend imolese, il venerdì durante le prove Barrichello perde il controllo della sua Jordan alla Variante Bassa andando a sbattere contro le barriere con una decelerazione spaventosa. Rubens fortunatamente esce illeso, ma qualcosa in questo circuito non va, sembra maledetto. I piloti, soprattutto dopo la scomparsa di Roland, hanno paura, avvertono che sono in pericolo, al contrario di quando sono sovrappensiero, mentre sfrecciano per i circuiti di tutto il mondo e si sentono degli eroi con 7 vite, come Spiderman o Batman. In questa domenica di maggio, invece, si sentono proprio vulnerabili.

Il volo di Barrichello (photo by f1race.it)

Ayrton è molto scosso, forse il più di tutti. Sente la responsabilità di essere il pilota più amato e non si dà pace. Non riesce ad accettare che sia appena morto un suo collega, mentre esprimeva il suo sogno più grande: correre, correre ancora. Il pilota brasiliano passa la notte a parlare con amici e i parenti: ha paura, non vuole correre il giorno dopo.

Ratzenberger senza vita dopo l’incidente (photo by HuffPost.it)

The show must go on

La domenica lo show deve continuare, come se non fosse successo niente, come se non fosse avvenuta una tragedia il giorno prima, e un’altra sfiorata il venerdì. Poco prima della partenza Ayrton compie due gesti che rimarranno nella storia. Per prima cosa si procura una bandiera austriaca, nazione di Ratzenberger, da tenere nell’abitacolo, e successivamente si leva e rimette il casco molteplici volte, simbolo del suo turbamente e della sua indecisione se correre o no.

(photo by lapresse.it)

Si spengono le luci, e via subito un altro incidente. La macchina di Lehto rimane piantata in partenza, Lamy non riesce ad evitarlo e la tampona ad una velocità elevata. L’impatto è violentissimo, i detriti volano al di sopra delle barriere colpendo i tifosi. I due piloti rimangono fortunatamente illesi, mentre ci sono stati dei feriti negli spalti. In pista esce subito la Safety Car, e rimarrà fuori per 6 giri. Alla ripartenza Senna guida il gruppo inseguito da Schumacher.

Dio mi ha detto chiudi gli occhi e riposa

Al settimo giro, alla curva del Tamburello, fatale per Roland, il piantone dello sterzo della Williams di Senna cede, Ayrton resosi conto che stava andando dritto, comincia a frenare ma la via di fuga è troppo stretta ed impatta le barriere di protezione ad una velocità spaventosa, infatti la forza cinetica è talmente grande che la macchina ritorna a bordo pista. Durante la carambola però una sospensione della macchina si stacca ed va a scontrarsi con il casco di Ayrton. I soccorritori si rendono subito conto che il pilota non si muove e corrono alla macchina, i commissari di pista interrompono la gara. La situazione sembra disperata, Ayrton non dà segnali di speranza, tanto che l’elisoccorso lo porta all’Ospedale Maggiore di Bologna. Attraverso esami e TAC si scoprì che l’attività cerebrale era terminata, così alle 18.40, dopo un altro attacco cardio-respiratorio, venne annunciata la morte di Ayrton Senna da Silva.

La macchina di Senna dopo l’incidente (photo by lapresse.it)

Questa domenica resterà per sempre l’ultima con ancora il pilota brasiliano, pluricampione del mondo, in vita, mentre teneva incollati al teleschermo milioni di tifosi, facendoli innamorare di uno sport bello e crudele come la formula 1, e soprattutto facendo sognare l’intero popolo brasiliano, che per il funerale di stato, riempì San Paolo per salutare il loro idolo per l’ultima volta. Come canta Cremonini, in un omaggio ad Ayrton, “da quando Senna non corre più, non è più domenica”. Nemmeno la Formula 1 sarà più la stessa, chissà quanto ci avrebbe regalato ancora, quanti giri veloci, pole position, vittorie e sorpassi leggendari ci avrebbe riservato, disegnando traiettorie come un pittore dipinge sulla tela un capolavoro.

Senna non è morto, è solo un giro avanti a tutti.

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