Brilla sul cielo di Milano la seconda stella nerazzurra

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Ormai da tempo mancava solo l’aritmetica certezza, ora è arrivata: l’Inter è campione d’Italia per la ventesima volta nella sua storia! Con il successo per 1-2 nel derby di questa sera, i nerazzurri si sono laureati campioni d’Italia con ben cinque turni d’anticipo.

Nonostante ormai il destino del campionato e dell’Inter fosse scritto, la matematica della seconda stella nerazzurra arriva nella maniera più iconica: a San Siro, contro il Milan, nel derby della Madonnina.

È una vittoria, questa, che sa di smacco nei confronti dei cugini rossoneri. La squadra di Inzaghi infatti diventa la prima milanese a cucire la seconda stella sul petto e lo fa in faccia ai rivali, fino ad oggi, a parimerito nel conteggio dei titoli nazionali.

I PROTAGONISTI

Questo successo, quasi definibile dominio, almeno in territorio italiano, ha nomi e cognomi ben precisi.

Il primo, senza dubbio, è quello del capitano, dell’uomo simbolo, del volto di quest’Inter, del ‘ToroLautaro Martinez: l’argentino è stato finora il trascinatore dei nerazzurri con gol (23 in 29 presenze in campionato) e prestazioni superlative che hanno consacrato il numero 10 dell’Inter tra i migliori del pianeta nel ruolo. A fare coppia con Lautaro nel reparto offensivo è stato, quest’anno, Marcus Thuram. Il francese era arrivato in estate a parametro zero dopo l’avventura al Mönchengladbach e l’infortunio che lo aveva costretto ai box per lungo tempo. ‘Tikus‘ era stato chiamato con il compito, non semplice, di sostituire Lukaku: detto-fatto, il francese ha trovato in fretta grande intesa con i compagni e con gol (12 in 30 partite) e assist (6), anche nei match più complicati è riuscito da subito a rendersi protagonista di questo pezzo di storia nerazzurro.

Al servizio delle due punte abbiamo trovato quello, che in questa stagione, si è dimostrato uno dei migliori reparti di centrocampo del mondo. Tra tutti, spicca il nome di Hakan Calhanoglu, autore di 11 gol e 3 assist nel corso di questo campionato di Serie A. Il turco, dopo aver cambiato sponda di Milano tra le polemiche nella stagione 2021/22, è diventato un giocatore imprescindibile per l’Inter. Reinventato regista per sopperire all’assenza di Marcelo Brozovic, il numero 20 dell’Inter è rinato, riuscendo ad abbinare alle straordinarie doti offensive, un’intelligenza tattica, anche in difesa, sopra la media disegnando in mezzo al campo le linee che hanno portato i nerazzurri alla seconda stella sul petto. Per l’ex rossonero è stata questa una delle migliori stagioni a livello realizzativo della propria carriera. Rigorista designato della squadra di Inzaghi, Hakan Calhanoglu ha dimostrato dagli 11 metri una freddezza che in pochi altri al mondo possono vantare e che è lo specchio della maturità calcistica raggiunta dal turco.

Ai fianchi del turco, meno appariscenti, ma altrettanto importanti Henrixh Mkhitarian e Nicolò Barella. L’armeno, considerato ormai “vecchio e finito” da buona parte dei tifosi, e non, ad inizio campionato, è protagonista di una seconda giovinezza durante questa stagione. Uomo imprescindibile per Inzaghi, Mkhitarian si trova a giocare tutte, o quasi, le partite dell’Inter di questa stagione, non facendo mai mancare il proprio apporto né in zona offensiva, tantomeno in quella di difesa: un giocatore completo sotto ogni punto di vista e forse uno dei pochi di cui l’Inter, quest’anno, non ha mai saputo fare a meno.

Dall’altro lato del centrocampo è il sardo Barella a farla da padrone. Un inizio di stagione complicato per il giocatore ex Cagliari, tormentato anche da gravi questioni familiari, ma il numero 23 nerazzurro, una volta ritrovata la stabilità dal punto di vista psicologico, è tornato ad essere quel giocatore che tanto aveva fatto innamorare i tifosi interisti nelle stagioni precedenti: grinta, carisma, carattere, tecnica e precisione, sono solo alcune delle caratteristiche che hanno portato Nicolò Barella, ancora una volta, ad essere uno dei simboli di questa favola nerazzurra.

A servire, e non solo, i compagni dagli esterni nel corso di questa stagione sono stati Federico Dimarco e Matteo Darmian. Il primo, dalla sinistra, con l’Inter nel cuore sin da bambino raggiunge ora, da protagonista, quel traguardo che ogni tifoso sogna: alzare quel trofeo tanto ambito e tanto voluto, davanti ai rivali di sempre. Il tutto al termine di una stagione nella quale con gol, assist, corsa e tanta qualità si è consacrato tra i migliori al mondo nel ruolo.

Dall’altro lato, sulla destra dello scacchiere di Inzaghi, c’è Darmian. Un altro, come Mkhitarian, che ad inizio stagione sembrava dovesse essere relegato in panchina. Lavoro, dedizione e costanza lo hanno invece portato a giocare quasi tutte le partite stagionali dei nerazzurri. Forse non il più appariscente in campo, ma sempre tra i più importanti e decisivi, come lo dimostrano i due gol arrivati nel finale del campionato, nel momento chiave per l’Inter.

Si dice però che le squadre buone si costruiscano a partire dalla difesa. L’Inter 2023/24 non fa eccezione. È un muro quello eretto dal reparto arretrato dei nerazzurri: sono ben 19 (17 Sommer, 2 Audero) le volte in cui l’Inter ha mantenuto la porta inviolata in campionato fino ad ora. Un numero impressionante ma che ha nomi e cognomi ben noti. Il muro, per buona parte della stagione, porta i nomi di Francesco Acerbi, Alessandro Bastoni e Benjamin Pavard.

Il primo, alla veneranda età di 36 anni ha disputato forse la migliore stagione della propria carriera: sicurezza, affidabilità e precisione sono solo alcuni dei sostantivi in grado di definire la stagione del centrale di difesa italiano, che da quando veste nerazzurro è andato in crescendo, riuscendo a trovare una maturità calcistica mai raggiunta prima in carriera.

Parlare delle qualità di Bastoni sarebbe ormai superfluo: senso della posizione, corsa, tecnica e piede da “trequartista prestato alla difesa”, come detto dallo stesso difensore in un’intervista negli anni passati, che proiettano il braccetto di sinistra tra i migliori nel ruolo del presente e del futuro.

Difficile, quasi impossibile, non citare Benji l’interista, come lo stesso Pavard si era definito ancor prima di approdare in nerazzurro. Arrivato come ultimo rinforzo della sessione estiva per 30 milioni, il francese ha da subito dimostrato un senso di appartenenza e di attaccamento alla maglia che i tifosi non hanno mai mancato di lodare e ai quali il difensore ha saputo abbinare tecnica, esperienza e carisma.

Dietro di loro, forse passato troppo in sordina durante quest’anno, c’è Yann Sommer. Arrivato dopo una lunghissima trattativa con il Bayern, lo svizzero aveva il non semplice compito di sostituire André Onana, al quale i tifosi interisti si erano tanto affezionati. Non appariscente come il collega camerunense, lo svizzero si è da subito fatto trovare pronto, non è indifferente infatti il dato che lo vede come il migliore tra i portieri in Serie A quando si va a vedere la percentuale di parate effettuate (82.4%).

Questi i protagonisti principali della vittoria che ha messo sul petto dei nerazzurri la seconda stella. Ma tanti, tantissimi altri, anche con meno spazio a disposizione, si sono dimostrati decisivi per questo successo.

Uno su tutti: Davide Frattesi. Il “dodicesimo uomo” dei nerazzurri. Poco, forse troppo poco lo spazio avuto in stagione per il centrocampista italiano. Tempo che però si è dimostrato inversamente proporzionale all’incisività del giocatore. L’innato senso della posizione di Frattesi lo hanno portato spesso ad essere al posto giusto nel momento giusto e a siglare gol decisivi (vs Hellas Verona e vs Udinese) nei momenti più duri dell’annata nerazzurra e regalando all’Inter punti fondamentali per il raggiungimento dell’obiettivo.

Tra le “seconde linee” spiccano, tra gli altri, i nomi di Stefan De Vrij, sempre puntuale quando chiamato in causa e Carlos Augusto, il quale si è adattato a più ruoli pur di dare il proprio contributo. Da sottolineare anche l’esponenziale crescita di Yann Bisseck e Kristjan Asllani: importante per l’Inter di oggi, ma lo sarà ancor di più per l’Inter del futuro.

IL DIRETTORE D’ORCHESTRA

I giocatori scesi in campo durante la stagione sono stati fondamentali, ma tutto questo non sarebbe potuto succedere se, dalla panchina, non fossero state date indicazioni e tattiche.

L’artefice di tutto questo è Simone Inzaghi. Il 48enne allenatore ex Lazio ha portato quest’anno i nerazzurri a giocare un calcio di livello altissimo: bello ed allo stesso tempo efficace.

Un’avventura fatta di alti e bassi quella del tecnico di Piacenza sulla panchina dell’Inter. Iniziata nel 2021 tra lo scetticismo dei tifosi, già nel primo anno trova gioie e dolori: se da una parte c’è la vittoria di Coppa e Supercoppa Italiana, dall’altra c’è l’amarezza per lo scudetto sfumato in favore del Milan.

La seconda stagione da condottiero dei nerazzurri non inizia bene per Inzaghi. L’allenatore dell’Inter fatica, e non poco, a trovare la quadra, soprattutto dal punto di vista difensivo e del cinismo. Perché la squadra produce, ma non concretizza, perché la squadra gioca bene, ma in difesa non nasconde le lacune. Ed ecco che quando ormai in tanti chiamavano a gran voce l’hashtag #InzaghiOut, viene in soccorso la doppia sfida Champions con il Barcellona, decisiva per l’esito del girone e delle sorti di Inzaghi. L’Inter ed il tecnico di Piacenza superano la prova conquistando 4 punti sui 6 disponibili e mettendo una seria ipoteca sulla qualificazione agli ottavi. Da qui in poi, l’Inter e Inzaghi cambieranno completamente marcia vincendo nuovamente Coppa e Supercoppa Italiana, ma arrendendosi ad un Napoli perfetto in campionato. L’avventura europea invece continua, a lungo: l’Inter elimina Porto, Benfica e Milan arrivando in finale a 13 anni dall’ultima volta. La finale non andrà come gli interisti sognavano, ma i nerazzurri, contro un Manchester City che nell’arco della stagione si era dimostrato dominante, cederà solo 1-0, lottando con le unghie e con i denti.

Nonostante il percorso in Champions quasi perfetto, i nerazzurri sono costretti, un po’ a sorpresa, a privarsi di pedine importanti durante la sessione estiva: Lukaku, Onana, Brozovic e Dzeko salutano l’Inter e lasciano i tifosi perplessi sulla scelta dei sostituti.

Prima dell’inizio del campionato in molti storcevano il naso sulla campagna di mercato estiva dell’Inter. Uno dei pochi uomini a non aver mai detto una parola fuori posto a riguardo è proprio lui: Simone Inzaghi. L’ex allenatore della Lazio non si è fatto prendere dal panico o dalle polemiche; Simone Inzaghi ha preso quel che la società ha costruito per lui e si è fidato, ciecamente. Ha preso l’organico a disposizione e lo ha trasformato in una macchina quasi perfetta: i difensori sono i primi attaccanti e, viceversa, chi attacca è il primo a tornare a difendere; l’emblema di questo ne è sicuramente il gol di Bisseck al Dall’Ara: Bastoni, braccetto difensivo sinistro, mette il cross, Bisseck, braccetto difensivo destro, segna il gol.

La squadra si trova a memoria, nessuno gioca per sé, perché l’Inter di Inzaghi non è solo una squadra, è una famiglia e nessuno va lasciato da solo, mai: è questo il piccolo, grande, capolavoro nerazzurro di Simone Inzaghi.

IL CAMMINO VERSO LA SECONDA STELLA

È un percorso netto, quasi perfetto, quello che ha portato i nerazzurri alla conquista di questo scudetto.

L’Inter inizia bene ed inanella una striscia di 5 vittorie consecutive, tra cui il successo per 5-1 nel derby. A fermare la corsa degli uomini di Inzaghi è, a sorpresa, il Sassuolo che a San Siro trova una delle pochissime vittorie di questo campionato e vince, in rimonta, 1-2. È questa, ad oggi, con i neroverdi l’unica sconfitta in campionato della stagione dell’Inter.

Segue poi una serie, non ancora terminata, di risultati utili consecutivi: sono poche, pochissime le squadre a rallentare l’Inter nella corsa al titolo: Bologna (2-2), Juventus (1-1) e Genoa (1-1) nel girone d’andata, Napoli (1-1) e Cagliari (2-2) nel corso del girone di ritorno.

Nel mezzo del percorso verso la vittoria ci sono state diverse gioie ed altrettanti dolori. Se da una parte c’è l’aver aggiunto alla bacheca l’ottava Supercoppa Italiana della propria storia, dall’altra c’è la delusione per non aver potuto lottare fino in fondo per la Coppa Italia (1-2 d.t.s. vs Bologna agli ottavi), ma soprattutto per la Champions League con l’eliminazione avvenuta ai tiri di rigore degli ottavi di finale per mano dell’Atletico Madrid.

Due macchie che non cancellano però l’annata storica per l’Inter che, questa sera, aggiunge il ventesimo titolo italiano alla propria sala trofei e la seconda stella sullo stemma e sul petto di ogni giocatore che d’ora in poi vestirà nerazzurro.

A 58 dalla prima stella, a sua volta arrivata a 58 anni dalla fondazione del club: Inter, è tutto vero, sei, per la ventesima volta nella storia, Campione d’Italia!

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