Atletica-Budapest 2023: gli USA vincono il medagliere, l’Italia chiude con quattro medaglie e un oro

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Ph: CONI

Si è conclusa nella giornata di ieri la diciannovesima edizione dei mondiali di atletica, andata in scena nella capitale ungherese di Budapest, tra il Centro nazionale di atletica leggera, posto sul Danubio fuori dal centro storico, e le vie circostanti alla celebre Piazza degli Eroi dove si sono disputate marce e maratone. La compagine italiana è riuscita a raddoppiare il bottino della rassegna iridata di Eugene (Oregon) 2022 e ha conquistato la bellezza di quattro medaglie, tra le quali figura l’oro di Gianmarco Tamberi vinto nel salto in alto maschile.

I PODI ITALIANI

Non sono mancati i successi e le emozioni per l’atletica tricolore, che si è per l’ennesima volta nell’arco degli ultimi due anni confermata ai vertici del panorama mondiale in svariate discipline; quattro lustri abbondanti dopo l’ultima volta è infatti stata raggiunta la quota di quattro medaglie, ottenute peraltro in gare appartenenti a categorie assai diverse tra loro. Ad aprire le danze è stato uno straordinario Leonardo Fabbri, inaspettatamente sul secondo gradino del podio nel getto del peso dietro alla leggenda statunitense Ryan Crouser; il classe 1997 della provincia di Firenze ha preceduto tutti i pretendenti a una medaglia, tra cui il terzo classificato Joe Kovacs e l’azzurro Zane Weir, deludente in finale dopo l’eccezionale prestazione sfoderata in qualificazione. Subito nella mattinata successiva la marciatrice pugliese Antonella Palmisano, campionessa olimpica a Tokyo più di due anni or sono, ha prepotentemente cancellato le ultime due difficili annate e ha conquistato una medaglia di bronzo nella 20 km dal peso inestimabile; al primo posto si è piazzata Maria Pèrez, portacolori della Spagna, nazione dominatrice di tutti e quattro gli eventi di marcia. L’unico successo in casa Italia è stato opera di Gianmarco Tamberi, che ha di nuovo dimostrato la sua caratura imponendosi sull’ostica concorrenza formata da JuVaughn Harrison e dal dominatore delle ultime stagioni Mutaz Barshim. Il saltatore marchigiano ha così portato in dote alla sua decorata bacheca l’unico titolo mancante, dato che sia agli europei che ai mondiali indoor, oltre che alla rassegna continentale outdoor e ai giochi olimpici, aveva già trionfato. L’ultimo metallo vinto dalla nazionale italiana in questo evento iridato è stato il meraviglioso argento conquistato da Roberto Rigali, Marcell Jacobs, Lorenzo Patta e Filippo Tortu, che si sono egregiamente comportati nella finale della 4×100 e hanno fermato il cronometro a 37.62; a precedere il nostro quartetto sono stati solamente gli Stati Uniti di Fred Kerly e Noah Lyles, assoluto dominatore delle gare adatte agli sprinter a Budapest.

I GRANDI PROTAGONISTI

Ph: USA Today

La velocità è stata quasi completamente monopolizzata dagli Stati Uniti, e se al maschile è andato tutto secondo copione, le gare femminili hanno riservato diverse sorprese. Noah Lyles ha lasciato solo le briciole agli avversari in questa settimana di gare e si è imposto con margine sia nei 100 metri sia nei 200 sia nella staffetta, gara in cui è stato affiancato da Brandon Carnes, Christian Coleman e dell’ormai ex campione del mondo nella distanza più corta Fred Kerley. Il fuoriclasse di Gainesville, bronzo in occasione dei giochi olimpici, è poi entrato nella storia grazie alle dichiarazioni rilasciate in conferenza stampa, tramite le quali ha criticato la concezione di cui fanno uso le leghe professionistiche statunitensi che attribuiscono il titolo di “world champion” alla squadra vincitrice di quella che è di fatto una competizione nazionale.

Sha’Carry Richardson ha avuto la meglio su Shericka Jackson e Shelly-Ann Fraser-Pryce nella finale dei 100 metri dopo aver chiuso alle spalle delle giamaicane in semifinale, dov’era stata condizionata da una partenza rivedibile; la nativa di Dallas ha anche vinto la 4×100, davanti alla Giamaica, favorita della vigilia, insieme a Gabrielle Thomas, Tamari Davis e Twanisha Terry e si è classificata in terza posizione nei 200 metri, gara in cui la sopracitata Shericka Jackson ha tagliato il traguardo a soli sette centesimi dal record del mondo di Florence Griffith Joyner, datato 1988.

Tra i plurimedagliati a livello individuale figurano i nomi di Jakob Ingebrigtsen, argento nei 1’500 metri e medaglia d’oro nei 5’000, Alvaro Martin, vincitore di entrambe le prove di marcia, Maria Pèrez, per la quale vale il discorso affrontato per il connazionale appena citato, e Faith Kipyegon, oro nei 1’500 e 5’000.

Nelle gare a ostacoli maschili vanno rimarcati i successi di due fuoriclasse indiscussi come Grant Holloway e Karsten Warholm, rispettivamente nei 110 e 400 metri. Nei concorsi di salto con l’asta e lancio del disco hanno trionfato due campioni olimpici svedesi, Armand Duplantis e Daniel Ståhl, mentre nel salto in lungo è stata in grado di confermarsi un’altra medaglia d’oro di Tokyo, il greco Tentoglou.

I 10’000 metri femminili hanno visto trionfare la già campionessa iridata Gudaf Tsegay, prima delle tre etiopi capaci di salire sul podio. La prestazione più clamorosa di questa edizione è stata però di certo la rimonta di Femke Bol nella 4×400 femminile, che ha consegnato ai Paesi Bassi il titolo mondiale; la ventitreenne di Amersfoort, caduta rovinosamente nella 4×400 mista disputatasi nella giornata inaugurale, è stata in grado di vincere anche i 400 metri ostacoli.

A laurearsi campioni nelle maratone sono stati Victor Kiplangat e Amane Shankule.

IL MEDAGLIERE

1 Stati Uniti. 12 8 9 29
2 Canada. 4 2 0 6
3 Spagna 4 1 0 5
4 Giamaica 3 5 4 12
5 Kenya 3 3 4 10
6 Etiopia 2 4 3 9
7 Gran Bretagna 2 3 5 10
8 Paesi Bassi 2 1 2 5
9 Norvegia 2 1 1 4
10 Svezia 2 1 0 3

13 Italia 1 2 1 4

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