La prima semifinale si chiude con un risultato pesante che forse non ci si aspettava, ma ampliamente meritata.
Nel segno del 10, la Selección travolge una Croazia mai realmente pericolosa.
A Lusail si uniscono presente e futuro dell’Albiceleste. In un primo tempo abbastanza tranquillo, scosso soltanto dal siluro di Enzo Fernandez controllato da Livakovic, succede tutto intorno alla mezz’ora e il protagonista è il ragazzino del City, Julián Álvarez.
Al 32’ la difesa croata si apre come le acque del Mar Rosso di fronte al nativo di Calchín che si trova di fronte a Livakovic. Álvarez alza il pallonetto, ma viene travolto dal numero 1 avversario. Orsato non ha dubbi, rigore e giallo per il portiere. Dagli 11 metri va Leo Messi, che spara un missile imprendibile per chiunque. Argentina avanti col suo numero 10.

Cinque minuti, una Croazia ancora scossa dal gol subito, viene punita di nuovo, stavolta in contropiede. Julián porta palla per tutto il campo, taglia a fette tutta la Nazionale Scaccata, arriva in area, vince un rimpallo, ne vince un altro e la appoggia dentro.

L’Argentina va negli spogliatoi col morale alle stelle, forte del vantaggio.
Si ricomincia dopo il classico quarto d’ora di pausa con la Croazia alla ricerca della rimonta per rimanere aggrappati al sogno chiamato finale. Al 62’ Lovren ha l’occasione per accorciare le distanze, ma l’incornata non ha l’esito sperato.
Sette minuti più tardi, i sogni croati si spengono definitivamente.
Leo Messi sfida Gvardiol, gli nasconde il pallone, lo salta e con la coda dell’occhio vede sempre lui, Julián, appostato al limite dell’area piccola. Messi la mette in mezzo e il ragazzino apre il piatto destro.

È tripudio Albiceleste. 8 anni dopo Brasile 2014, l’Argentina è di nuovo in finale e lo fa sfruttando la genialità del miglior giocatore al mondo, il numero 10, e la fresca imprevedibilità del numero 9.

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