In Brasile, terra di piccoli funamboli imprendibili in campo aperto e meravigliosi negli spazi stretti, nella seconda metà degli anni ‘70, nel Botafogo prima e nel Corinthians dopo, emerge un centrocampista che appaia alla perfezione il dono tecnico dei Verdeoro col fisico di quello che oggi chiameremo Box to Box. Viene da Belém, il più importante centro della regione amazzonica insieme a Manaus e si chiama Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira in onore del grande filosofo greco, è alto 1,92 per 80kg, vede il gioco come nessun altro, ha un colpo di testa devastante e un destro letale. È il perfetto precursore del centrocampista totale tanto diffuso nei top club odierni.

Nonostante non fosse di famiglia ricca, papà Raimundo, grande appassionato di letteratura greca (di qui il nome Sócrates), lo manda all’università a studiare medicina, ma una volta conseguita la laurea la sua strada si incrocia con quella del Corinthians, la più importante squadra del campionato Paulista. A San Paolo arriva a 23 anni, nel 1977 dopo 5 anni passati al Botafogo, e ben presto emerge come figura di spicco della squadra, mettendo in atto un sistema amministrativo mai visto prima nel mondo del pallone, la Democrazia Corinthiana: il primo e unico esperimento di autogestione di un club di calcio.
Nell’estate del 1982 i due leader dello spogliatoio, Sócrates e Wladimir, al secolo Wladimir Rodrigues dos Santos, prendono in mano la squadra e imposero un regime democratico: ogni decisione deve essere votata e tutti hanno la stessa importanza. Il progetto ha vita breve, ma in due anni vincerà due campionati Paulista e risanerà le casse del club.

L’esperimento della Democrazia Corinthiana è una sorta di via di fuga dalla dittatura militare che aveva in mano il paese, un modo per fuggire dall’oppressione, dalla censura.
Sócrates, oltre ad avere abilità tecniche nettamente superiori alla media (i suoi colpi di tacco ancora oggi vengono celebrati), ha una straordinaria abilità di oratore: si narra che nel 1984 abbia tenuto un discorso, di fronte a un milione e mezzo di persone, in cui chiese (inutilmente) di ripristinare le libere elezioni presidenziali dopo vent’anni di dittatura. L’esercito bocciò la proposta del Dottore e lui se ne andò.
Nell’estate del 1984, lasciò San Paolo per venire in Italia, precisamente nella città di Dante. Il Conte Pontello sborsò cinque miliardi per portarlo a Firenze e gli assicurò un ingaggio faraonico.

Ad aspettarlo, prima a Fiumicino e poi a Firenze c’è praticamente tutta la città.
L’esperienza Fiorentina del Dottore, però, non andò come previsto: in Italia si gioca un calcio molto tattico e poco appariscente, poco incline allo spettacolo e al divertimento ma finalizzato a portare a casa il risultato. Della sua unica stagione in Italia è rimasto ben poco nell’immaginario collettivo, se non qualche bellissimo gesto tecnico, qualche gol dei suoi e quella splendida maglia confezionata da Ennerre, pezzo pregiato per i collezionisti.

Nonostante avesse firmato un triennale, nell’estate dell’85, dodici mesi dopo essere arrivato a Firenze, il Dottore torna in patria, prima al Flamengo e poi al Santos, dove chiude la carriera nel 1988 per darsi finalmente alla medicina.
Il suo più grande vizio, però, fu anche la su condanna a morte. Dopo un anno passato a fare su e giù per gli ospedali, il 4 Dicembre 2011, alle 4:30 di notte, all’Ospedale Albert Einstein di San Paolo, uno shock settico si porta via il Dottore. Il fisico consumato dalla cirrosi non ha retto all’ennesima infezione intestinale, figlia di una vita sregolata passata con la bottiglia sempre al suo fianco.
Lui che, nel 1983, disse di voler morire di domenica, giorno in cui il Corinthians vince il titolo. E così fu. Il 4 Dicembre 2011 il Corinthians vince il quinto titolo brasiliano, nel nome del padre, del figlio e di Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira.

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