Correva il giorno 4 novembre 1972: nasce Luis Figo, “el paso doble”

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Di Luis Figo ho sempre apprezzato la serietà. Pur non avendolo visto dal vivo, per ovvie ragioni anagrafiche, mi è semplice capire perché è considerato uno dei migliori calciatori mai esistiti sul pianeta Terra. E non parlo solamente del talento splendido, illuminante, che su un campo da calcio sprigionava la sua magica essenza con sbalorditiva nonchalance. E non parlo solamente di quelle fiammate sulla fascia destra, della sua eleganza tecnica e del suo dribbling tanto ubriacante quanto straordinariamente incantevole. E non parlo del pallone d’oro, dei gol fatti e di quelli che ha fatto fare e dei trofei vinti. Ma parlo soprattutto di una parolina che vale più di mille altri significati. Personalità. Una cosa per pochi: o ce l’hai o non ce l’hai. Lui parlava con i piedi, ma ragionava con la testa dei migliori, e uno dei migliori è diventato. Era un leader assoluto. In campo e fuori.

Personalità, voglia di dominare la scena, fare delle scelte. Pur a costo di mettersi contro qualcuno (e di beccarsi una testa di maiale sul campo). Figo è uno che sa scegliere. E quando scelse il Real, tradendo il Barcellona con il quale è diventato grande, ha fatto quello che in pochi avrebbero avuto il coraggio di fare. Il trasferimento di Figo a Madrid nel suo piccolo ha cambiato il calcio. È uno dei momenti chiavi della storica rivalità tra Blancos e blaugrana ed è il primo tassello del dream team pensato e creato da Florentino Perez, che con Figo arriverà alla tanto ambita Champions League oltre ad una Coppa intercontinentale.

Poi, abbiamo avuto la fortuna di vederlo all’opera nel nostro campionato, seppur per un periodo limitato. l’Inter lo accoglie, lui ne rimane innamorato, anche tutt’ora. Vince quattro campionati, segna 11 gol e si ritaglia uno spazio importante nel cuore dei tifosi. E non solo dell’Inter, ma di tutto il mondo.

Auguri Luis Figo.

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