Il primo novembre 1987, addirittura 125 anni fa, alcuni studenti del liceo classico Massimo D’Azeglio si ritrovano su una panchina in Corso Re Umberto grazie alla passione per il football, un gioco col pallone arrivato dall’Inghilterra e che sta animando molti giovani italiani. Su quella panchina inizia a crescere un’idea: fondare una società di football. L’idea diventa realtà quando questo gruppo di ragazzi, in cui nessuno supera i 20 anni e che studia latino a scuola, decide di chiamarsi “gioventù” ma nella lingua degli antichi romani dando il via al mito che diventerà la JUVENTUS.
I PRIMI ANNI: DAL ROSA AL BIANCONERO, L’ISCRIZIONE AL CAMPIONATO E LO SCUDETTO

Il primo presidente della storia bianconera è Eugenio Canfari che nel 1897 ha 19 anni ed insieme a suo fratello Enrico (che diventerà presidente l’anno successivo) è tra i soci fondatori e giocatori della squadra. Il campo invece è in Piazza d’Armi, distante 20 minuti a piedi dalla panchina di Corso Re Umberto e la prima maglia è rosa con il pantalone per via dei colori sociali del liceo Massimo d’Azeglio.
La Juventus si presenta così ai blocchi di partenza del primo campionato italiano nel 1900, il terzo della storia del calcio italiano. Le partecipanti erano 7: Genoa (vincitrice delle prime due edizioni) e Sampierdanese dalla Liguria, Milanese (attuale Milan) unica lombarda e Torinese (attuale Torino), Ginnastica Torino e Juventus provenienti tutte dall’ombra della Mole. Il Genoa conquistò il suo terzo titolo iridato battendo la Torinese in finale.
Nel frattempo, grazie al Nottingham Forrest, i colori sociali della Juventus diventano il bianco e il nero nel 1903, mentre il 1905 è l’anno del primo trionfo in Italia. Il girone eliminatorio contro la Torinese vede un doppio 2-0 in favore dei bianconeri che raggiungono la fase finale contro le uniche due squadre che avevano vinto i campionati fino a quel momento: Genoa e Milanese. La Juventus grazie a due vittorie con i lombardi e due pareggi con i liguri riesce a vincere il primo scudetto della propria storia. Il presidente bianconero era lo svizzero Alfredo Dick, che l’anno successivo però lasciò la società per via di alcuni screzi avuti nello spogliatoio andando così alla Torinese facendola diventare il Torino.
L’addio dello svizzero però comportò anni difficili per i bianconeri che fino al primo dopo guerra faticarono a competere in campionato. A risollevare la società ci pensò prima Giuseppe Hess e poi il poeta e critico letterario Corrado Corradini che scrisse l’inno che durò fino agli anni Sessanta. Nei primi anni ’20 la Juventus inizia a fornire i primi giocatori anche per la nazionale con il portiere Giaconi e i terzini Novo e Bruna.
24 LUGLIO 1923: NASCE IL BINOMIO JUVENTUS-AGNELLI E LO STILE JUVE

La svolta definitiva arriva nel luglio del 1923 quando Edoardo Agnelli, figlio di Giovanni (fondatore della Fiat), diventa presidente della Juventus aprendo un binomio che dura ancora oggi con Andrea Agnelli. Grazie ad Edoardo i bianconeri hanno un campo nuovo in Corso Marsiglia con tribune in muratura e con i tifosi che aumentano di partita in partita. I nomi importanti nella rosa sono quelli Munerato, Bigatti, Grabbi ai quali la presidenza Agnelli affianca la guida tecnica del primo vero allenatore professionista: l’ungherese Jeno Karoly che porta con sé la mezz’ala sinistra Hirzer e nel 1925/26 i bianconeri conquistano il secondo scudetto della propria storia dopo aver dominato il girone B della Lega Nord e battuto in finalissima l’Alba Roma con un aggregato di 13-1 tra andata e ritorno.
Il primo ciclo vincente arriva con Carlo Carcano in panchina. L’allenatore italiano insieme a Vittorio Pozzo fonda il “metodo” o “WW” ovvero un 2-3-2-3 che si opponeva alla “Piramide di Cambdrige” che fece le fortune del Blackburn e di altri club inglesi consistendo in un 2-3-5. Con il metodo i terzini andavano a subire un accentramento e un avanzamento per via della regola fuorigioco con il centromediano come fulcro. Il “metodo” vide la Juventus firmare il primo ciclo vincente della storia nel “quinquennio” d’oro tra il 1930 e il 1935 quando arrivarono 5 scudetti consecutivi e 4 semifinali di coppa dell’Europa centrale con il trio di difesa Combi-Rosetta-Calligaris, ma anche dei vari Ferrari, Orsi e Luis Monti che costituirono anche lo zoccolo duro dell’Italia campione del mondo nel 1934.
La scomparsa in un incidente aereo di Edoardo Agnelli nel 1935 chiuse il ciclo vincente con la Juventus che vinse solo una Coppa Italia nel 1938 e che dovrà aspettare Gianni Agnelli prima e Umberto poi (figli di Edoardo) nel secondo dopo guerra per tornare a vincere.
“L’avvocato” Gianni diventa presidente nel 1947 in una squadra che ha come punto di riferimento Giampiero Boniperti al suo secondo anno di Juventus insieme a Carlo Parola e ai due danesi Hansen e Praest con gli scudetti che arrivarono nel 1950 e nel 1952. Nel 1955 le chiavi bianconere passano ad Umberto Agnelli che nel 1957 affianca Omar Sivori e John Charles al fianco di Boniperti in quello che diventerà il “Trio Magico” che farà vincere alla Juventus tre scudetti con il primo che varrà anche la prima stella poiché rappresenta il decimo scudetto bianconero (prima squadra a conquistare questo bottino) con Sivori che nel 1961 diventerà il primo giocatore proveniente dalla Serie A a vincere il pallone d’oro.
Gli anni di presidenza Agnelli contraddistinsero la società anche per quello che viene chiamato tutt’oggi lo “Stile Juve” di cui forse Gianni Agnelli e Giampiero Boniperti (quest’ultimo sia in campo che fuori) ne hanno incarnato al meglio l’essenza, ma che partiva già dal 1897, dal giorno in cui il mito Juventus ha avuto inizio. Come diceva Bettega era un comportarsi come in famiglia, con educazione, con rispetto reciproco e puntare sempre e solo a vincere con Garzena che rincara la dose dicendo che una volta arrivati nello spogliatoio bianconero, l’aria che si respirava era quella di una squadra affamata di vittorie e arrivare secondi non significa nulla. E ancora Furino che più che stile, preferisce chiamarla scelta di valori perchè è una forma di educazione sportiva, il campo è la conseguenza della vita fuori dal campo, sapere di essere dei professionisti, discutere tutto all’interno dello spogliatoio ed andare in trasferta in ordine con la divisa sociale, i capelli pettinati e la cravatta. Il giornalista Mario Pennacchia si rifà addirittura a Giovanni Angelli e alla Fiat, dalla stessa matrice in due ambiti diversi, automobilistico e sportivo, a primeggiare era lo stile impresso dal capostipite alle generazioni successive.
La Juve ti inculca nel DNA l’idea di essere il più forte e che l’avversario è tuo nemico per Cabrini, la Juve è lavorare e tacere per Combi, la Juve è comportarsi seriamente in ogni situazione per Francesco Morini, lo stile Juve lo vedi nel parlare, nel vestirti e nel comportarti per Ravanelli, la stile Juve è un decalogo non scritto dei doveri dello sportivo professionista, la Juve è una questione di educazione per Gentile, lo stile Juve è come la tosse o l’amore, non si può nascondere per lo scrittore Italo Petra, la Juve è una filosofia di sportiva e di vita per il giornalista italo-brasiliano Darwin Pastorin. Uomini, atleti, professionisti, persone che devono tanto al mondo Juve per la crescita prima personale che sportiva all’insegna dei valori, dei comportamenti giusti e dalla voglia di arrivare fino in fondo, o meglio “Fino alla fine” perchè da quelle parti “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”.
DAGLI ANNI SESSANTA AI NOVANTA: PRESIDENZA INCOLORE DI CATELLA E RINASCITA CON BONIPERTI

Nel 1961 Umberto Agnelli abdica in favore di Vittore Catella che sarà il numero uno bianconero per 9 anni, ma senza lasciare il segno. L’unica gioia sarà lo scudetto vinto a sorpresa dalla “Juve operaia” allenata da Heriberto Herrera nel 1966/67. Una nuova era di successi si stava preparando con l’ingresso nel nuovo decennio. Nel 1971 infatti il nuovo presidente della Juventus diventa uno che in bacheca vantava già 5 scudetti, 2 Coppe Italia e un titolo di capocannoniere della Serie A grazie a 443 presenze e 178 gol in maglia bianconera: Giampiero Boniperti.
I successivi 19 anni saranno colmi di successi per il popolo bianconero. Al primo tentativo i bianconeri si imposero in campionato nella stagione 1971-72 per poi ripetersi l’anno seguente aprendo un ciclo di trofei guidati dagli allenatori Vycpàlek, Parola e soprattutto Giovanni Trapattoni, ma anche grazie a tanti giocatori cresciuti nelle giovanili come Furino, Bettega e ‘Pablito’ Rossi, giovani promesse del calcio italiano acquistate da altri club come Scirea, Cabrini, Gentile, Tarelli e Causio e i talenti venuti dall’estero come Platini e Boniek. In questi anni la Juventus conquistò 9 scudetti e due Coppe Italia, ma rispetto al passato riuscì ad imporsi anche in Europa dove divenne la prima squadra a vincere tutte le competizioni UEFA e la prima a conquistare tutti i trofei per club.
Il primo trionfo fu la Coppa Uefa nel 1977 vinta contro l’Athletic Bilbao in una doppia sfida in cui i bianconeri si presentarono una rosa completamente italiana così come i baschi erano composti da soli giocatori spagnoli. L’andata al comunale di Torino fu decisa da Tardelli, mentre al ritorno fu Bettega a sbloccare le marcature. Gli spagnoli provarono a rimontare con Irureta e Carlos, ma la regola dei gol fuori casa diede ragione alla Juventus con Furino e Trapattoni che alzarono il trofeo al cielo.
La Coppa Campioni arrivò invece nel 1985 contro il Liverpool in una finale macchiata però dalla follia degli hooligan inglesi che portarono alla morte di 39 tifosi. Una partita giocata poi in un ambiente surreale, con nessuna delle due squadre che voleva scendere in campo, venne infine decisa da un rigore trasformato da Platini che regalò dunque la prima Coppa Campioni firmata Juventus, ma quasi mai sentita come un vero trionfo per come è stata gestita la situazione nel pre-gara.
Nel 1982 inoltre la spedizione azzurra che vinse il terzo mondiale contava 6 elementi della rosa bianconero e infine scudetto vinto nel 1986 chiuse l’era Trapattoni-Boniperti che vide poi la Juve portare a casa “solo” una Coppa Italia (nel 1990) e due Coppe Uefa (nel 1993). Nel 1990 inoltre Giampiero Boniperti concluse la sua carica di presidente bianconero.
QUARTO CICLO JUVENTUS: DA LIPPI A CAPELLO PASSANDO PER DEL PIERO E LO SCANDALO CALCIOPOLI

Una volta conclusa un’era, la Juventus era pronta ripartire e il simbolo del futuro era un giovane ragazzo arrivato da Padova: Alessandro Del Piero. Sarà nominato ‘Pinturicchio’ dall’avvocato Agnelli e nel frattempo diventerà sempre più importante nel mondo bianconero fino a diventarne bandiera come ormai ce ne son poche passando tra trionfi e cadute, gioie e infortuni, ma sempre col bianconero sulla pelle e nel cuore. Insieme a lui anche Marcello Lippi si impose con i colori bianconeri. L’allenatore infatti arrivò sulla panchina piemontese nel 1994 (un anno dopo rispetto a Del Piero) e in dieci anni, a parte un biennio firmato Ancelotti, conquistò 5 scudetti, una Coppa Italia, 4 supercoppe italiane, una supercoppa Uefa e una Champions League. Un bottino sicuramente ricco, ma non senza rammarico da parte del popolo juventino. Oltre alla finale vinta con l’Ajax nel 1996 ai rigori dopo l’1-1 firmato da Ravanelli e Litmanen durante i tempi regolamentari, i bianconeri giocarono altre tre finali, ma concludendo con una sconfitta. Nel 1997 la Juventus cadde contro il Borussia Dortmund, nel 1998 contro il Real Madrid e nel 2003 nella finale tutta italiana il Milan ebbe la meglio dopo i calci di rigore.
Nel 2004 sulla panchina bianconera subentrò Fabio Capello, che in due anni vinse due scudetti ma lo scandalo di Calciopoli tolse ai bianconeri i due titoli e relegò il club in Serie B. Nel campionato cadetto i bianconeri partirono con 9 punti di penalità ma la scelta dei senatori come Del Piero, Buffon, Nedved, Camoranesi e Trezeguet rese le cose semplici a Deschamps che riportò la Juventus in Serie A dopo un anno vincendo la Serie B con 6 punti di vantaggio sul Napoli secondo.
DALLA SERIE B AD OGGI: GLI ANNI DI RINASCITA E IL RITORNO TRA LE GRANDI CON ANDREA AGNELLI

I primi anni post Serie B sono ovviamente serviti come ricostruzione dopo il punto più basso della storia della Juventus. Il progetto di rinascita arriva ad un punto si svolta con la nomina di Andrea Agnelli, quarto esponente della dinastia, come presidente nel 2010. Con le guide tecniche di Conte, Allegri, Sarri e Pirlo e all’arrivo alla Continassa di giocatori come Bonucci, Pirlo, Vidal, Pogba, Barzagli, Tevez, Llorente, Morata, Evra, Cuadrado, Mandzukic, Pjanic, Dybala, Higuain e soprattutto del 5 volte pallone d’oro Cristiano Ronaldo, ma anche della piena maturità di giocatori come Chiellini e Marchisio già presenti in Serie B i bianconeri hanno centrato il quinto ciclo di vittorie con 9 scudetti consecutivi tra il 2012 e il 2020 in cui arrivarono anche quattro double consecutivi (vittoria di scudetto e coppa Italia nella stessa stagione).
Ancora una volta però i bianconeri non sono riusciti ad imporsi in Europa con due finali di Champions League raggiunte, ma senza successo finale. Prima a Berlino con il Barcellona e poi a Cardiff con il Real Madrid, i bianconeri vennero battuti all’ultimo atto rimanendo fermi a due vittorie nella competizione per club più affascinante, ma che per il mondo Juve è ancora lontana dal diventare di casa per via delle 7 finali perse su 9 disputate.
Quei ragazzi che si riunivano su una panchina per passare i pomeriggi una volta concluse le lezioni però forse non avrebbero mai immaginato che quasi per gioco, quasi per annullare la noia delle giornate della loro gioventù quello che loro hanno creato, avrebbe portato a quello che è ora la Juventus. Perchè a volte anche una semplice idea tra ragazzi può diventare una bellissima realtà che 125 anni dopo continua a scrivere la storia di quello che prima era football perchè veniva dall’Inghilterra, ma ora chiamiamo calcio perchè anche in Italia lo sappiamo giocare e se vogliamo anche bene. Grazie ragazzi, grazie alla vostra gioventù che da una panchina ci ha regalato questo straordinario mondo bianconero a tinte rosa che è la Juventus.


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