
Emozioni in giallo. Momenti indimenticabili, di una vita scandita in attimi, in domeniche passate sul divano, a sognare, a tifare. Una vita segnata da uno stile unico e inconfondibile, da un talento puro, da un raggiante numero 46 e da un sorriso che fa bene all’anima. Valentino Rossi per noi è stato tutto e sarà per sempre un qualcosa di inimitabile, di inarrivabile, di prezioso. Possiamo solo ammirarne l’infinita grandezza, mentre risfogliamo le pagine di una storia che non avremmo mai voluto finisse, in cerca di ricordi da rivivere.
Il mio dito si ferma su una data, 14 ottobre 2001. Valentino è al secondo anno in classe regina. Con un solo obiettivo in testa: vincere, dominare, sbaragliare la concorrenza. Ha i crismi del predestinato e le stimmate del campione: Tavullia ha per le mani un fenomeno. l’Italia ha per le mani un fenomeno. Amato e stimato, desiderato. Pronto, a qualsiasi sfida. Da affrontare sempre a viso aperto. Ed ecco che l’opportunità incontra il talento, e viceversa: dopo due mondiali già vinti, uno in 125, l’altro in 250, entrambi con l’Aprilia, a 22 anni la Honda lo accoglie nel mondo dei grandi, nella categoria 500, per sognare in grande, grandissimo. Un anno di apprendistato, condito da due vittorie e dieci podi e un secondo posto nel mondiale. Poi, il dominio incontrastato nella seconda stagione in sella alla Honda del team satellite nastro azzurro: 11 vittorie su 16 gare, 325 punti. La matematica certezza arriverà proprio in quel 14 ottobre 2001, a Philip Island, al termine di un finale al fotofinish per superare Max Biaggi, batterlo per 13 millesimi e consegnarsi al mito come primo italiano a vincere in tre diverse categorie, e come ultimo pilota a sigillare il proprio nome nell’albo d’oro della top class a due tempi.
Quel 2001 sarà anche l’ultimo mondiale prima dell’avvicendamento tra le vecchie moto 500 e le nuove MotoGP. Rossi ha chiuso un’era, però era già pronto ad aprirne un’altra. Ma ancora non lo sapevamo: questa è un’altra, bellissima, storia.

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