Serie A – Editoriale: Udinese, questo bianconero non è mai stato così variopinto

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Ben nove giornate sono giunte alla conclusione. Con venti punti ed una media superiore ai due punti per partita, la sorpresa Udinese è sempre più certezza in questo campionato.

I friulani pareggiano, in rimonta, anche con l’Atalanta, trovando l’ottavo risultato utile consecutivo e confermando la terza posizione in classifica, a soli due punti di distacco dalla vetta. Una prova di forza, quella dei bianconeri, che, anche sotto di due reti al minuto 56, non hanno mai smesso di crederci ed hanno risposto con carattere perforando, per ben due volte, la difesa meno battuta del campionato, guadagnando così un punto e tanti, tantissimi applausi da una tifoseria sempre più entusiasta di questa squadra.

Questa Udinese però, non nasce a caso. Questa Udinese è il frutto di un lavoro mirato della società, in grado di creare una rosa con il perfetto mix tra esperienza e freschezza; affiancando ai tanti giovani qualche giocatore più esperto ed in grado di poter formare al meglio i compagni.

Tanto, tantissimo merito va dato agli scout di questa squadra, capaci di svolgere un lavoro completo a 360°. Un lavoro che, svolto anche nei campionati di meno blasone, ha portato ad Udine un’infinità di talenti. Grande competenza degli scout bianconeri che, supportati dalla dirigenza della famiglia Pozzo, sono riusciti ad accaparrarsi, prima di tutti, moltissimi giocatori interessanti. Ultimi i vari Samardzic, Udogie e Bijol. Giocatori che, molto probabilmente, non rimarranno in bianco e nero a lungo, ma nei quali l’Udinese ha creduto prima di tutti, lanciandoli ed esponendoli al panorama calcistico mondiale.

C’è poi, ovviamente, da aprire un’ampia parentesi su colui che è il direttore di quest’orchestra: Andrea Sottil. Abbandonato il calcio giocato nel 2010, Sottil decide di darsi alla carriera di allenatore, la prima squadra a credere in lui è il Siracusa, squadra con la quale conquista un ottimo 3° posto in prima divisione prima di spostarsi a Gubbio. Varie le tappe nella carriera dell’allenatore torinese. Una carriera che giunge, per ora, all’apice nel corso della scorsa stagione quando, seduto sulla panchina dell’Ascoli, trascina i marchigiani ai playoff, dove viene sconfitto di misura dal Benevento ai quarti di finale.

Una vetrina importante, Ascoli, per farsi notare dai club di Serie A ed ecco che, ancora una volta, prima di tutti, si fionda l’Udinese, “vedova” di Cioffi, trasferitosi a Verona. Andrea Sottil arriva ad Udine con tanta voglia di fare, ma anche di imparare dalla prima esperienza in Serie A.

Il primo, difficile, compito è quello di adattarsi ad una squadra costruita per una difesa a tre. Sottil infatti, in carriera, aveva sempre prediletto la disposizione della difesa a quattro nelle proprie squadre. Nonostante questo però, è il tecnico torinese ad adattarsi a ciò di cui dispone la rosa e non viceversa, senza imporre moduli, ma cercando di educare i giocatori alla propria idea di gioco.

Un’idea che, contrariamente allo stile difensivo che ha caratterizzato l’Udinese delle ultime stagioni, predilige l’attacco. Uno stile di gioco che porti la squadra a fare la partita e non a chiudersi nella propria area, che connetta la fisicità dei vari Walace e Makengo alla tecnica di Pereyra e Deulofeu (tra gli altri), andando così a valorizzare quelli che sono gli aspetti migliori dei singoli in campo e creandone una macchina, fino ad ora, (quasi) perfetta.

Ultimo, ma di certo non meno importante, sono i giocatori che scendono in campo con questa maglia. Giocatori che hanno saputo riconoscere i propri limiti e, lavorandoci su, senza mai mollare, sono stati in grado di creare tutto questo ed i risultati, ora, arrivano. La squadra, oltre ad essere unita, dimostra grande tecnica e talento, riuscendo a mettere in difficoltà qualunque avversario si trovi davanti. Non è un caso che l’Udinese quest’anno abbia sconfitto Roma e Inter. Non è un caso il secondo miglior attacco del torneo. Non è di certo un caso la terza posizione in classifica. Le giocate di Pereyra e Deulofeu, i gol di Beto, le sgroppate di Udogie, la diga creata da Walace e Makengo, il muro difensivo eretto da Perez e Becao, le rivelazioni Bijol e Samardzic, nulla arriva per caso. Il talento in squadra non è mai mancato, questi giocatori avevano bisogno di qualcuno in grado di valorizzarli ed ora, sembrano, averlo trovato.

Staff, allenatore e giocatori avevano iniziato la stagione con l’obiettivo di raggiungere una salvezza tranquilla, ma ora, sulle ali dell’entusiasmo, i tifosi sognano l’Europa.

Non possiamo sapere se e quanto questo sogno durerà, quello, solo il tempo lo saprà dire. Ma una cosa è certa: questo bianconero non è mai stato così variopinto.

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