
15 settembre 2001: il mondo è ancora sotto shock. Quattro giorni prima si è verificato quello che è stato considerato il più grande attacco terroristico della storia recente, ed ancora oggi portiamo le immagini impresse nella mente.
Bisognava, si voleva e si doveva andare avanti: 21 anni fa oggi, in Europa, più precisamente in Germania al circuito del Lausitzring, c’era una gara di Formula Cart da correre e un italiano che spingeva più degli altri: Alex Zanardi.
IL WEEKEND DI GARA
Quell’anno il meteo ha avuto il suo ruolo da protagonista nel weekend: viste le piogge torrenziali abbattutesi sul circuito il sabato, gli organizzatori dell’evento decisero che la griglia di partenza sarebbe stata definita in basa alla posizione occupata nella classifica generale. Scelta che non andò a favore del nostro Alex, il quale dopo una stagione abbastanza travagliata si vide costretto a partire dalla 22esima casella.
Tutto ciò non scalfì la mente geniale ed il piede destro dell’italiano: che dopo poco più di metà gara riesce nell’impresa di issarsi in prima posizione.
Tutto perfetto, fino all’ultimo pitstop. Mancavano solo 13 giri. 13 giri per trasformare un weekend iniziato in salita, in un weekend da sogno. Ma i sogni, a volte, si rivelano incubi.

L’INCIDENTE
Entrato ai pitstop per montare gomme nuove, appena uscito Alex perde il controllo della monoposto: ancora non si sa con esattezza se per un errore suo, per le condizioni dell’asfalto ancora bagnato dal giorno prima, al quale si è unito anche l’olio perso durante la gara dalle vetture, oppure un misto di questi elementi ma fatto sta che Zanardi perde il controllo.
Dietro di lui stavano arrivando altri due corridori: il primo, Patrick Carpentier un canadese che evitò senza troppi problemi l’italiano; mentre il secondo, un altro italiano anche lui, Alex Tagliani, non ce la fece: centrò in pieno Zanardi in un incidente che molti hanno resuscitato dopo altri due più recenti: quello in cui Marco Simoncelli perse la vita a Kuala Lampur, in Malesia nel 2011; e quello più recente a Spa nel 2019, dove a perdere la vita è stato Antoine Hubert, corridore di Formula 2.

LA FINE DELL’INCUBO
Un impatto tremendo, le due gambe non rispondevano ai comandi ed una colata di sangue che non voleva fermarsi spontaneamente. Per fermarla, e per evitare un altro disastro sulle piste da corsa, fu necessario l’intervento del medico di pista, Steve Olvey che bloccò l’arteria femorale e riuscì a bloccare l’emorragia. Alex fu subito portato all’ospedale di Berlino. Appena lo esaminarono gli trovarono solamente un litro di sangue in circolo, le gambe completamente maciullate e tagliate. Le speranze di salvezza erano sotto lo zero affermerà un medico più avanti.
I campioni veri però si riconoscono dalla volontà di non arrendersi mai, e dalla capacità di rialzarsi dopo essere caduti. Fu così, infatti, che Alex dopo 15 operazioni, 4 giorni di coma farmacologico in terapia intensiva, e due settimane di ricovero aprì gli occhi. Davanti a lui sua moglie, sempre insieme a lui, ovunque gareggiasse, che mai lo abbandonò standogli vicino tutto il tempo del ricovero. Fu lei la prima a rassicurarlo sulle sue condizioni: Alex non era più in pericolo di vita.
Tutto per ricordare ancora una volta del mantra che si trova all’inizio di ogni paddock del mondo, di cui troppo spesso ci dimentichiamo o a cui non prestiamo troppa attenzione: “Motorsport is dangerous”


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