
Due partite, due, larghe, vittorie. Cinque gol al Verona, quattro al Monza alla prima davanti ai propri tifosi. C’è entusiasmo in casa Napoli dopo questo scoppiettante inizio di campionato. Un campionato che segna l’inizio di un nuovo corso per i partenopei, dopo gli addii dei senatori, Mertens, Insigne e Koulibaly, tra lo scetticismo di una piazza scontenta (sempre difficile da domare), quest’anno più che mai parsa disunita, persa. Forse è proprio questa una delle colpe da attribuire a De Laurentiis: la scarsa capacità comunicativa, che a lungo andare ha diviso la tifoseria. Perché, dal lato sportivo, non puoi rimproverargli nulla. Per competitività, sostenibilità, e continuità ad alti livelli che ha permesso al Napoli di consolidarsi stabilmente tra le grandi del nostro calcio. E anche nel mercato estivo corrente, ancora in fase di svolgimento, è emersa l’intelligenza, la scaltrezza, la sapiente visione progettuale, di una società criticata troppo presto. Vero, è presto anche per trarre subito conclusioni sull’operato del ds Giuntoli, ma è indubbio il fatto che sia stato programmato adeguatamente, con colpi forse poco appariscenti, ma mirati, futuribili. E funzionali a quello che vuole essere il Napoli di Spalletti.

Vuole essere nuovo nella sua interezza. Soprattutto negli stimoli. Nella freschezza, nella voglia. E nei nomi, da Kvartskhelia a Kim, passando per Raspadori, Ndombele, Simeone. Giocatori giovani, di grande potenziale, presente e futuro. Ma è anche un Napoli che, nel concetto, rimane fine a se stesso. Con i meccanismi ben oliati dal tecnico di Certaldo, dove vanno solo aggiunti ancora più varietà, soluzioni, idee. È un Napoli che, dunque, cambia gli interpreti, ma non l’interpretazione, che mantiene la sua identità, la vera forza di questa squadra. Che gioca come sa, e lo fa bene, benissimo. È un Napoli sinergico, che si muove e pressa all’unisono, che gira la palla, che attacca lo spazio e che verticalizza. Teniamo a mente la verticalità, è la parola chiave. Con la velocità, la qualità e l’esplosivitá di Kvartskhelia, Osimhen e Lozano, adesso rintoccato dal dinamismo di Raspadori, che ovunque lo metti, sottopunta, esterno o punta, sa legare il gioco, creare spazi, segnare e rifinire. Un jolly prezioso per Spalletti, che dovrà ovviamente preservare l’equilibrio del suo undici. Difficile vederli tutti insieme, però si può provare. E attenzione a Simeone: se Spalletti varia sul 4-4-2, potremmo vederlo anche titolare, al fianco di Osimhen. Le opzioni di certo non mancano.

In panchina, nella vittoria sul Monza di ieri, figurava anche Ndombele. Numericamente è il sostituto del partente Fabian Ruiz, che nelle intenzioni di Spalletti figurerebbe nel ruolo di mezzala (si giocherà il posto con il sempre efficace Zambo Anguissa) garantendo ancora più sostanza, dinamismo e inserimenti offensivi, nonché grande duttilità, al fianco di Zielinski, perno insostituibile, e al play Lobotka, sempre più padrone del centrocampo. Nel quartetto difensivo, c’è Kim, il sostituto di Koulibaly, che nelle caratteristiche ha dimostrato di andargli vicino: ottimo marcatore, ruvido negli anticipi, buona tecnica, e mina vagante su palla inattiva (tra le altre cose ieri in gol, di testa). Affianca Rrhamani, oramai una certezza, e gli esterni, Di Lorenzo e Mario Rui, con il neo arrivato Olivera sullo sfondo. Senza dimenticare l’apporto in uscita dalla panchina di Politano, Elmas, Ounas, ma anche di Zerbin. E così, il capolavoro corale scritto e diretto da Spalletti è servito. È presto sì, ma i presupposti per fare bene ci sono tutti.


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