Denis Shapovalov non riesce a scrollarsi di dosso il periodo buio e privo di risultati degli ultimi mesi. Dopo aver collezionato sei sconfitte nelle ultime sette partite, il canadese esce di scena al primo turno anche al 500 di Washington contro J.J.Wolf.
Dov’è finito il ragazzo che a 18 anni aveva battuto Rafa Nadal, numero 2 del mondo, e raggiunto la semifinale al Master 1000 di Montreal? È lo stesso tennista su cui i critici avevano riposto molte speranze e vedevano campione slam? Stiamo parlando del ragazzo che a 20 anni era arrivato in finale a Parigi-Bercy perdendo solo contro Djokovic?
La risposta a queste domande – almeno sulla carta – è sì. Allora è legittimo chiedersi perché a 23 anni sia fuori dalla top 20 e non si sia mai spinto oltre la decima posizione del ranking. I risultati importanti sono arrivati, dalle semifinali a Montreal e Madrid fino alla finale a Parigi-Bercy. Shapovalov ha raggiunto traguardi importanti anche negli Slam, arrivando ai quarti di finale agli Australian Open e agli US Open, a Wimbledon si è spinto addirittura in semifinale. Da juniores ha vinto Wimbledon e ha giocato la semifinale del Roland Garros nel 2016.
COSA STA SUCCEDENDO?
Oggi occupa il 22^ posto in classifica ATP e il 19^ nella Race per Torino. Non sono dei cattivi risultati, ma le premesse che ad inizio carriera circolavano attorno al nome di Denis Shapovalov erano ben diverse. Si parlava di una futura stella del tennis mondiale.
L’inizio del 2022 è stato molto positivo per il talento nato a Tel Aviv da madre israelo-ucraina e padre russo. Con la nazionale ha conquistato l’ATP Cup a gennaio, per poi farsi spazio a livello individuale e raggiungere i quarti di finale in Australia e la semifinale a Dubai. Viste le ottime premesse, perché non è ancora riuscito ad esplodere definitivamente?

Shapovalov e continuità non stanno bene nella stessa frase. È un concetto semplice quanto veritiero. Dopo 5 anni da professionista si è fatto conoscere per partite giocate a livello altissimo alternate a sconfitte cocenti e inaspettate. Per caratteristiche esprime un tennis molto offensivo, vivace, dinamico, potente e bello da vedere. Non lascia l’iniziativa in mano all’avversario, ma vuole comandare il gioco e spesso cerca di chiudere il punto con un vincente. Più di qualche volta rischia di perdersi nei suoi stessi colpi, forzando conclusioni e tentando di trasformare in colpi definitivi quelli che dovrebbero semplicemente essere dei tentativi d’approccio. Vuole cercare le linee, magari anche con un tentativo a bassa percentuale di realizzazione. Questo aspetto non fa altro che aumentare vertiginosamente il numero degli errori non forzati, con i quali regala agli avversari punti equilibrati (se non favorevoli al canadese).
Di conseguenza è difficile immaginare che in queste condizioni Shapovalov possa essere costante. Ad oggi è in grado di alternare una finale ad un secondo turno, perché le fondamenta del suo stile di gioco sono parecchio deboli. Se buona parte dei colpi dovessero entrare in campo si rivelerebbe una bella gatta da pelare per tutti. In caso contrario rischierebbe di consegnare la partita all’avversario: si ricorda la sconfitta del 2021 a Gstaad contro Kopriva, allora numero 249 del mondo, con Rodionov (153) a Vienna 2020 o anche con Albot – all’epoca 93 – a Sofia. In generale non è raro vederlo perdere con avversari inferiori sia in termini di gioco sia in termini di classifica.

Un altro fattore che sta frenando la salita di Shapovalov è la seconda di servizio. È carica ed è incisiva, ma non decisiva. Stiamo parlando di una seconda palla molto efficace in grado di aiutare l’ex numero 10 del mondo, ma non sempre. Rimane una battuta alla quale si può comunque rispondere, forse senza trovare grande profondità, potenza o angolazione, ma molte volte lo scambio parte. Nelle ultime 12 partite (da Roma a Washington) Shapovalov ha collezionato più di sei doppi falli a partita perdendo 5,2 volte il servizio. Nel 2020 è stato il secondo giocatore ad aver commesso più doppi falli durante la stagione (189, dietro solo ai 220 di Zverev), il terzo nel 2021 con 314 dopo Paire e Bublik. Il resoconto di questi dati è che Denis esagera con la seconda di servizio senza particolari garanzie. Nonostante corra un rischio elevato gli avversari riescono ugualmente a strappargli la battuta.

Nel tennis, inoltre, l’aspetto psicologico gioca un ruolo fondamentale. Shapovalov ne è carente, ma, paradossalmente, non sente la pressione di un campo centrale pieno di tifosi durante un match di massimo livello. Gli è capitato frequentemente di iniziare benissimo e prendere il largo in partite importanti, ma a lungo andare emergono le sue debolezze. In ogni incontro si rende protagonista di un inspiegabile passaggio a vuoto – spesso nei momenti decisivi dei set – che rischia di compromettere quanto fatto di buono. Ne è un esempio iconico l’ottavo di finale che ha giocato l’anno scorso a Roma con Rafa Nadal, in cui era avanti un set, un break e aveva palla del doppio break nel secondo set. Ha fatto partita di testa anche per gran parte del terzo set (con due matchpoint non sfruttati), ma ha perso l’incontro al tiebreak decisivo. Anche la semifinale a Wimbledon con Djokovic è stata equilibrata, ma Shapovalov ha subito tre break in momenti decisivi: quando serviva sul 5-4 per chiudere il primo set, sul 5-5 del secondo e del terzo set. Nei momenti decisivi tende a rallentare il braccio e sentire il peso specifico della sfida.

Ad oggi i dati e la situazione della promessa nord-americana non accennano a cambiare. Il tempo è dalla sua parte, ma il rischio che una delle Next Gen più appetibili dell’ultimo decennio si trasformi in un “what if” è concreto e reale.


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