
È finita la Lba, e la storia aggiorna il proprio albo d’oro: anno 21-22, Olimpia campione d’Italia. Per la ventinovesima volta, lo scudetto passa per le vie di Milano. Ma questa vittoria ha un sapore particolare, diverso. Non è come le altre, e lo testimoniano questi ultimi 12 mesi. 12 mesi passati a pianificare la vendetta ai rivali di sempre della Virtus Bologna, che lo scorso anno vinsero le finali scudetto con un secco 4-0 proprio contro l’Armani. Probabilmente ancora indigesto. Ma l’occasione per rifarsi è arrivata subito, e Milano ha colto immediatamente l’attimo.
IL PERCORSO
Alle finali scudetto dell’anno scorso, l’Olimpia arrivò stanca, affaticata e logorata dentro dalla beffarda eliminazione subita nella semifinale di Eurolega. Un sogno sfumato sul più bello. Ma che adesso è un obiettivo comune, e la società ha tutte le carte in regola per continuare a sperare in un trionfo europeo che manca dai tempi di Dan Peterson e Mike D’Antoni. L’ambizione è tanta, accompagnata da chiarezza, solidità e unità d’intenti, le armi della premiata ditta biancorossa. Dopo il cappotto subito dai rivali, la dirigenza ha saputo puntellare sapientemente il roster, rinforzandone la competitività. Fuori Punter, Leday e Micov, dentro Nick Melli, Devon Hall, Pippo Ricci, Troy Daniels, Jerian Grant e Konstantinos Mitoglou, a stagione in corso seguiti da Tommaso Baldasso, Ben Bentil e Trey Kell. La squadra si conferma la più forte insieme alla Virtus Bologna, con il quale si darà battaglia per la conquista d’Italia. Il primo atto, la finale di Supercoppa, va alle v nere. La Coppa Italia va a Milano, con la Virtus eliminata in semifinale. In Regular Season, saranno sempre loro a tenere il comando, prima dell’allungo finale virtusino che vale il primo posto. l’Olimpia chiude seconda, e per tanti sfavorita in un eventuale finale scudetto contro la Segafredo.
Il percorso ai playoff è netto: sei vittorie in altrettante gare contro Reggiana e Sassari, prima dell’ultimo atto, contro la Virtus Bologna. Ancora. Ed è qui che esce tutta la forza di un gruppo forgiato e rinforzato a meraviglia, giorno dopo giorno, anno dopo anno, dettaglio per dettaglio. E la somma sarà sempre vincente. Fin dai primi approcci, si capiva che l’Olimpia era messa meglio, mentalmente e fisicamente, arrivata con il pieno di benzina a giocarsi lo scudetto, forse favorita anche dalla prematura uscita in Europa e dai maggiori impegni europei degli avversari. Fatto sta che Milano ha giocato una serie ai limiti della perfezione, mettendo in campo grinta, intensità, voglia di rivalsa, voglia di vincere, a tutti i costi. E Bologna ha potuto fare poco, quasi nulla: la supremazia corale è stata netta. Dalla classe di Shields, MVP indiscusso e sempre decisivo per i suoi. Dalla leadership di Melli, dall’esperienza preziosa di Datome e dalle giocate fuori da ogni logica del Chacho Rodriguez. Sino alle piccole, gigantesche cose di Kyle Hines in entrambi i pitturati. Dal talento silenzioso di Devon Hall, all’apporto fondamentale dei gregari, da Biligha a Grant, da Bentil ad Alviti, da Pippo Ricci a Baldasso. Dalla gestione sapiente di un allenatore leggendario, Ettore Messina, che continua a vincere e lo fa con il suo inconfondibile stile. La ricetta perfetta, che significa titolo. La ricetta perfetta, che significa vendetta. Una vendetta che chiude il cerchio.

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