Correva il giorno 20 Marzo 1945 – Tanti Auguri Pat Riley

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Dopo una decina di partite piuttosto opache, all’inizio della stagione 1981-1982, Magic Johnson, stella indiscussa dei Los Angeles Lakers, dichiara pubblicamente di essere insoddisfatto del gioco espresso da Coach Paul Westhead.

Jerry Buss, presidentissimo dei gialloviola, in tempi record licenzia Westhead e affida la panchina al GM Jerry West, eroe dei Lakers appena trasferitisi da Minneapoli a L.A, negli anni ‘60. Mr Logo però, declina l’offerta e propone a Pat Riley, all’epoca assistant coach di Westhead, di prendere il suo posto.

Inizia così, quasi per caso, la storia di Pat Riley, l’uomo destinato a scrivere ben più di una pagina di storia.

Ma chi era, Pat Riley, prima di diventare il coach dei Lakers?

Alla scoperta del pianeta NBA

Riley nasce il 20 Marzo 1945 a Rome, nello stato di New York, circa 250 miglia a nord ovest di Manhattan.

Fin da ragazzo si capisce che lo sport è il suo pane quotidiano. Studia prima alla Linton High School di Schenectady, poi alla Kentucky University, dove viene arruolato fra gli Wildcatds, la squadra di basket del college, guidata dal leggendario Adolph Rupp, capace di portare Kentucky per quattro volte al titolo NCAA fra il 1948 e il 1958.

L’esperienza universitaria, condita dalle finals NCAA 1966, lo porta a candidarsi al Draft 1967, durante il quale viene scelto con la settima pick assoluta dai San Diego Rockets.

Dopo tre anni passati a San Diego, all’alba dell’ultima stagione dei Rockets in California (l’anno dopo si trasferiranno a Houston, dove risiedono tutt’ora), Pat Riley viene spedito a Los Angeles, sponda Lakers.

Pat non è un fenomeno, gioca circa un quarto d’ora a partita, ma porta la giusta energia difensiva, oltre a qualche punto, in uscita dalla panchina.

Pat Riley in canotta Lakers contro… Phil Jackson

I Lakers sono una corazzata, hanno Jerry West, Gail Goodrich, Elgin Baylor e Wilt Chamberlain, che nonostante non sia più quello di Philadelphia, è meglio averlo in squadra che contro.

Pat Riley, in questo super team, si ritaglia il suo spazio da comprimario e il 7 Maggio 1972 anche lui sale sul gradino più alto del podio.

Resta con la canotta gialloviola altri 3 anni, per poi chiudere col basket giocato nel 1976 in quel di Phoenix.

Lo Showtime

Il meglio, però deve ancora venire.

Nel 1979 a tre anni dal ritiro, passati a fare l’annunciatore radiofonico, torna ai Lakers, in qualità di assistente di Jack McKinney.

Il 19 Novembre 1981, due anni dopo essere tornato in quella Los Angeles che lo aveva accolto da ragazzo e che gli aveva regalato un titolo NBA, Jerry Buss lo nomina capo allenatore, ad una condizione: io ti fornisco gli uomini che vuoi, tu però fai divertire me e i diciassettemila del Forum.

Inizia lo Showtime, l’era dei passaggi no look di Magic, dei ganci cielo di Kareem e delle schiacciate di Worthy.

Magic si esibisce nella specialità della casa, passaggi no-look per i suoi compagni pronti a mangiarsi il ferro

Una partita dei Lakers in quegli anni è ben più di un semplice incontro di basket. Ci sono cheerleader, ballerine, attori, cantanti, registi, produttori e chi più ne ha più ne metta. Un’illuminazione mai vista prima avvolge gli spalti del Forum per rendere il tutto più suggestivo.

Dagli altoparlanti risuonano Michael Jackson, Madonna e i Queen, ma il vero spettacolo va in scena sul parquet.

I Lakers guidati da Pat Riley fanno sparire in un colpo solo sia Phoenix che San Antonio, prima di trionfare contro Julius Erving e i suoi 76ers, di fronte ad un Forum più infuocato che mai. È l’8 Giugno 1982, sono passati poco più di sei mesi dal suo arrivo in panchina e i Lakers sono campioni NBA per l’ottava volta. L’MVP delle finali, neanche a dirlo, va ovviamente a Magic che a soli 23 anni, mette in bacheca il secondo titolo e il secondo MVP.

La dinastia Riley è appena iniziata e colpirà per cinque volte: oltre al già citato 1982, anche nel 1985, nel 1987 e nel 1988.

Per arrivare alla forma più alta dello Showtime, raggiunta nel magico biennio 87-88, a Coach Riley vengono regalati tre giocatori fondamentali, tutti e tre talenti grezzi usciti dal draft e trasformati in fenomeni. Sono James Worthy, un’ala piccola atleticamente devastante, Byron Scott, un sopraffino tiratore e A.C. Green, detto Iron Man, un difensore granitico e un pazzesco rimbalzista a cui si aggiunge il già presente Michael Cooper, di professione sesto uomo nonché uno dei 5 migliori difensori della lega.

L’abbraccio trionfante di Riley al suo Magic, dopo aver vinto la Gara 7 contro Detroit che gli è valsa il quarto titolo

I Lakers, figli naturali dell’america degli anni ‘80, quella di Michael Jackson e Freddie Mercury, quell’america, rigorosamente repubblicana, ricca e spensierata, dopo cinque titoli in 10 anni, vengono spazzati via dalla nuova generazione agli albori degli anni ‘90, quella che nasce dai Bad Boys di Detroit e prosegue coi Chicago Bulls guidati da un extraterrestre chiamato Michael Jordan.

L’Universo Riley

Parlare di Pat Riley limitandosi a ciò che ha fatto ai Lakers è a dir poco riduttivo e non rappresenta a pieno la grandezza dell’uomo che, dopo aver trascinato i Knicks ad un passo dal titolo, è andato a South Beach per scrivere un pezzo di storia.

Prima si siede in panchina e porta i Miami Heat alla vittoria del primo storico titolo, grazie ad un meraviglioso Dwyane Wade, poi, due anni dopo, lascia l’incarico al figlio prediletto, Erik Spoelstra, per sedersi dietro alla scrivania, in qualità di general manager.

A Miami finisce un’era, ma il futuro è in cassaforte.

E chi, se non lui, poteva piazzare il colpo del secolo. Pochi giorni dopo aver firmato Chris Bosh, Pat Riley piazza il colpo più spettacolare, ma al tempo stesso controverso della storia della NBA. L’8 Luglio 2010 LeBron James diventa un nuovo giocatore dei Miami Heat, nascono così i Big Three, ma questa è decisamente un’altra storia.

Tanti Auguri Pat Riley

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