
Il calcio ruota intorno ad un filo sottile chiamato pensiero. Senza il pensiero, non ci sarebbe il calcio. Fattori importanti e fondamentali, che determinano ciò che vediamo. Il pensiero è il motore del corpo, è la musa del calciatore, perché ispira, fa vedere quello che gli altri non riuscirebbero nemmeno ad immaginare. Questa la chiamo arte, l’arte del pensiero, fantastico, mistico, magico. Questo, lo chiamo Veron.
Veron rappresentava l’essenza del gioco nella sua interezza: vederlo giocare era un piacere. Un centrocampista formidabile, dotato di un’intelligenza sopra la media, con la quale sfidava l’impossibile creando calcio che solo il suo destro poteva concepire. Un centrocampista puro e vecchio stampo, uno che in campo dava tutto, fino alla fine, fino all’ultima goccia di sudore. Una di quelle personalità che mancano al calcio di oggi, e non poco.
Inizia la carriera in patria, all’Estudiantes, lì dove giocò anche il padre Juan Ramon Veron detto “la bruja”, facendosi notare per le sue eccellenti qualitá tecniche. Dopo due anni nel club di la Plata, la bombonera chiama, Veron risponde, e il Boca si gode le prestazioni di un ragazzo pronto a spiccare il volo nel calcio che conta.
È il 1996, quando Sven Goran Erikson decide di offrire 6 miliardi delle vecchie lire per portare la Brujita (la streghetta) a Genova, sponda blucerchiata. Affare fatto: con la Sampdoria Veron raccoglie 68 presenze e 7 gol prima di passare al Parma, dove contribuisce da assoluto protagonista alla vittoria della Coppa Italia e, soprattutto, della prestigiosa Coppa UEFA.
In seguito, arriva la consacrazione definitiva, tra le file biancocelesti della Lazio. Due anni intensi, in cui si è creato un rapporto speciale tra l’argentino e il popolo laziale, che ha avuto la possibilità di ammirare un giocatore straordinario e di salire sul tetto d’Italia e d’Europa grazie alle sue giocate. Uno scudetto dopo 26 anni di attesa, una Supercoppa UEFA e Supercoppa italiana, per poi passare al Manchester United per una cifra di 80 miliardi di lire.
Saranno stagioni deludenti in terra inglese per Veron, prima allo United e poi al Chelsea. Nel 2004 però arriva la chiamata dell’Inter, e Veron torna ai fasti di un tempo, diventando ben presto punto cardine del centrocampo neroazzurro. Con il biscione vinse un campionato, due coppe Italia e una Supercoppa italiana contro la Juventus, battuta proprio da un suo gol nei tempi supplementari.
Nel 2006, Veron torna dove tutto è iniziato, all’Estudiantes. Vincerà una Copa Libertadores, e nel 2011 decise di appendere gli scarpini al chiodo. Ma la passione per il calcio è troppo forte, e Veron ci ripensa: gioca fino al 2013 ancora con il suo Estudiantes, si ritira ma nel 2016 torna in campo, a 41 anni, dapprima tra i dilettanti dell’Estrella de Berisso, poi firmò ancora con l’Estudiantes, concludendo qui, nel 2017, una carriera leggendaria.

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