18 febbraio 2022, Roberto Baggio compie 55 anni. Te ne accorgi perché apri Instagram e il tuo feed è inondato di foto sue, accendi la televisione e ti ritrovi decine di servizi a celebrarlo, ti sintonizzi su qualche stazione radio e ognuno vuole parlarne.

Sai benissimo chi è Il Divin Codino, calciatore iconico considerato da molti il migliore della storia italiana e amato anche da chi calciofilo non è. Hai sentito parlare di quel docu-film su Netflix con la colonna sonora di Diodato (quello che ha vinto SanRemo nel 2021 con Fai Rumore) e forse l’hai anche vista. Uno dei cinque palloni d’oro colorati tricolore, il penultimo tra Paolo Rossi nell’82 e Fabio Cannavaro nel 2006. Cerchiamo quindi di andare oltre il Baggio calciatore per ragionare su due grandi insegnamenti che ha impartito.

Il calcio è un gioco (prima) e una professione (poi). È stato il precursore di quei trasferimenti dalla Fiorentina alla Juventus che fanno infuriare i tifosi viola (vedi Vlahovic). Alla notizia del suo addio direzione Torino, Firenze era scesa in piazza e c’erano stati giorni di vero caos. Non è facile giocare per Juventus, Milan e Inter mettendo tutti d’accordo tra colpi di genio e gol. Baggio è stato in grado di rimanere icona italiana senza ricoprire il ruolo di bandiera di un singolo club nonostante la maggior permanenza nella Fiorentina e nella Juventus. Come negli altri lavori è normale poter cambiare azienda, così Roby ha fatto nel calcio. Sport che gli ha dato tante gioie ma anche dolori: fisici, come i mille infortuni, e morali, come lo storico rigore sbagliato negli Stati Uniti.

Ora si è completamente allontanato da quel mondo e vive una vita più da eremita che da divo calcistico, di cui avrebbe potuto tranquillamente indossarne i panni. Medita e intaglia anatre: questo si scopre nella vista che gli fa Alessandro Cattelan in una delle sei puntate di Una Semplice Domanda, in uscita a marzo su Netflix.
Il secondo insegnamento ci arriva da un altro palcoscenico: quello dell’Ariston che nel 2013 seguiva attento le parole di Baggio, come i tifosi seguivano le sue giocate quando aveva gli scarpini ai piedi. Una lettera a cuore aperto, rivolta ai giovani per età e ai giovani per cuore che continuano sempre a sognare. Si parla di passione da trovare dentro di sé e di sacrificio come unica strada da percorrere, si elogia la gioia in quello che si fa e il coraggio di sbagliare, imparare e credere in sé stessi. Queste sono le coordinate per raggiungere la meta del successo che l’ex calciatore definisce: “Realizzare ciò che si è, nel modo migliore”. Questo lo ha sempre portato in campo grazie ad una cura della psiche e della mentalità ante litteram presa dalla scuola buddhista.

Due capisaldi del Roberto Baggio giocatore e uomo, in grado di rialzarsi dopo un rigore decisivo in una finale di un Mondiale ma anche di rimanere sé stesso dopo un Pallone d’Oro. “Da quando Baggio non gioca più…” cantava Cremonini, “…Non è più domenica, ma gli insegnamenti ci sono rimasti” rispondiamo noi.


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