Marmellata #25

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“Aaah, da quando Baggio non gioca più…Non è più domenica.”

Aveva ragione Cremonini: senza Baggio la domenica pomeriggio ha un sapore diverso, più malinconico, più amaro.

Aveva ragione anche il Perozzi, che in Amici Miei diceva che il genio “È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”. Baggio è la manifestazione terrena della fantasia.

Baggio ai tempi del Vicenza

A 16 anni debutta in C1 col Vicenza, a 17 è il più forte calciatore del campionato. Ha catturato gli occhi di mezza Serie A, tutti lo vogliono. Il più veloce è il Conte Pontello, che tira fuori quasi tre miliardi e lo porta a Firenze. A due giorni dalla firma però, si distrugge un ginocchio. In un colpo solo saltano il crociato, il menisco e la capsula del ginocchio destro. La Fiorentina non lo lascia solo e lo spedisce a Saint-Étienne, dove il professor Bousquet gli rimette a posto la gamba con 220 punti.

Complice una ricaduta, prima di poter giocare con continuità passeranno più di due anni.

Al rientro, però, è subito BaggioMania: il talento emerge, a tratti è straripante. Era dai tempi di Gianni Rivera che non si vedeva un giocatore del genere. La Fiorentina ha saputo aspettarlo, lo ha coccolato e l’ha fatto crescere, è nato un amore, destinato a durare in eterno. Baggio porta la Fiorentina dalla salvezza alla Coppa Uefa e, l’anno dopo, fino alla finale della stessa. La controversa finale di Coppa Uefa contro la Juve sarà l’ultimo atto di Baggio in Viola.

Baggio in azione in maglia Viola

Dopo una trattativa lunga oltre un anno, Antonio Caliendo (un Mino Raiola ante litteram) strappa l’accordo coi bianconeri: VENTICINQUE MILIARDI andranno alla Fiorentina. Una cifra spaventosa, che il Conte Pontello non vede l’ora di incassare. La società però, non ha fatto i conti coi tifosi che, ovviamente, non ci stanno. All’alba del 18 Maggio 1990, ad un mese dai mondiali, migliaia di tifosi si radunano in Piazza Savonarola, sotto la sede societaria: è l’inizio della giornata più lunga della storia Viola, una giornata di scontri, di proteste e di molotov.

La guerriglia urbana a Firenze conseguente alla cessione di Baggio

In tutto questo Baggio, che non ha voce in capitolo, si rifugia con la nazionale a Coverciano. Il clima è surreale: durante la presentazione ai suoi nuovi tifosi qualcuno gli metterà al collo una sciarpa bianconera che lui getterà subito a terra, innervosito. Soltanto 17 anni dopo, Caliendo farà mea culpa, ammettendo che strappare Baggio alla Fiorentina e ai fiorentini fu un errore imperdonabile. A Torino saranno cinque anni stratosferici intervallati da due mondiali altrettanto stratosferici. Il punto più alto lo tocca nel ‘93: vince una Coppa Uefa praticamente da solo e, a fine anno, alza il Pallone d’Oro. Il carattere però, non è dei migliori: è schivo e introverso e la collocazione tattica non lo aiuta. La stella planetaria sembra non brillare più dopo due anni pieni di polemiche al Milan, ma ecco che va al Bologna per ritagliarsi uno spazio a Francia ‘98. Qui, un diciottenne bolognese doc con la passione per il calcio e per la musica, se ne innamora perdutamente. Si chiama Cesare Cremonini e durante un concerto di qualche anno dopo, fra la folla vedrà apparire proprio Roberto.

Cremonini e Baggio

Dopo un biennio poco entusiasmante nella Milano nerazzurra, si lega al Brescia di Carletto Mazzone. Qui vive la seconda giovinezza, a quindici anni dal primo grande infortunio non ne vuole sapere di smettere e si carica le rondinelle sulle spalle portandole due volte fra le prime 10 d’Italia. Si arriva così al 16 Maggio 2004: a 37 anni è arrivato il momento di dire basta, il momento di appendere gli scarpini al chiodo. Al minuto 85 di Milan-Brescia tutto San Siro si alza in piedi per applaudire il Genio che se ne va. Lascia il campo come suo solito, senza troppi discorsi e senza scene teatrali, ringraziando tutti con le lacrime agli occhi. Già, dal 16 Maggio 2004, come cantava Cremonini, non è più domenica.

16 Maggio 2004: non è più domenica.

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