Quando, settant’anni prima, Rimet e Delaunay idearono i mondiali, non si sarebbero mai immaginati che un giorno 172 squadre si sarebbero sfidate per entrare nei 32 della fase finale di Francia ‘98. Non pensavano potesse diventare una kermesse popolare di queste dimensioni.
Per l’occasione, i francesi si superano dal punto di vista architettonico: a Saint Denis, nella periferia nord di Parigi, tirano su il maestoso Stade de France, dove si disputerà la finale.

La colonna sonora non è affidata ad uno qualunque, a mettere in musica il mondiale ci pensa un puertorriqueño: al secolo si chiama Enrique Martín Morales, ma per tutti è Ricky Martin, il Re del Pop latino.
È il mondiale dei numeri 9: noi abbiamo Bobo Vieri, l’Inghilterra ha Michael Owen e Alan Shearer, l’Argentina ha Batigol, la Germania ha Bierhoff e Klinsmann, la Croazia (sorpresa del mondiale) ha Davor Šuker, che sarà il capocannoniere e il Brasile ha il più forte di tutti: Ronaldo.
All’appello mancano solo i padroni di casa, che hanno due ventenni dal futuro roseo: uno è Titì Henry, l’altro è David Trezeguet. Nonostante tutti questi nomi roboanti, il protagonista sarà un numero 10. È un berbero originario della Cabilia, ma nato a Marsiglia nel quartiere La Castellane, ha gli occhi di ghiaccio e sa calciare perfettamente con entrambi i piedi. Il suo nome originale sarebbe Zayyid Aldyid Al-Yazid, cioè “la bellezza della religione”, ma nel 1998 ormai tutti lo conoscono con il suo nome francese: Zinedine Zidane, detto Zizou.
Il percorso verso la finale si fa più ostico del previsto per i francesi: dopo un girone non vinto, stravinto, agli ottavi il Paraguay cede soltanto al 113’ dopo la zampata vincente di Laurent Blanc. Ai quarti ci siamo noi che resistiamo centoventi minuti e nel supplementare Baggio non trova il gol per cinque, forse sei centimetri. Andiamo ai rigori e la lotteria degli 11 metri ci dice male anche questa volta: Gigi Di Biagio centra una traversa spaventosa che manda i Blues in semifinale. L’ultimo step prima della finalissima vede i transalpini sfidare la Croazia, alla sua prima esperienza mondiale. Per battere i Croati servirà un’insolita doppietta di Lilian Thuram. Giusto per curiosità: quei due saranno gli unici gol segnati da Thuram in maglia Blues.
L’altra finalista, come da copione, è il Brasile di Ronaldo, che arriva a giocarsi il titolo come favoritissima: il gironcino lo passa agilmente come previsto, agli ottavi strapazza il Cile con due doppiette: una di César Sampaio e una del solito Ronaldo. Ai quarti Bebeto e Rivaldo piegano un’ostica Danimarca, mentre in Semifinale l’Olanda cede soltanto ai rigori.

Si arriva così al giorno della finale: in Verdeoro sono in ritiro all’Hotel Grand Romaine di Lesigny, nella stanza 290 ci sono Ronaldo e Roberto Carlos che, intorno alle 2 del pomeriggio, stanno parlando e ascoltando la musica. All’improvviso il Fenomeno cade in preda alle convulsioni, per trenta lunghissimi secondi perde il controllo del proprio corpo. Come se non bastasse, la lingua gli si rovescia in gola e gli blocca il respiro.
Edmundo è il primo ad accorgersi del malore, si precipita in camera e senza pensarci due volte gli riporta la lingua in posizione e chiama i soccorsi. Nell’hotel scoppia il panico: gira voce che Ronaldo sia morto, i compagni sono sotto shock e in tutto questo Zagallo non sa niente.
Intanto, Ronaldo viene portato all’ospedale Les Lilas per accertamenti che escluderanno praticamente tutto: in breve, il Fenomeno non ha niente.
Zagallo viene avvisato soltanto due ore e mezzo dopo dal medico di squadra: nessuno sa cosa sia successo, quello che è certo è che Ronaldo non può giocare la finale e infatti le formazioni ufficiali, consegnate ai giornalisti, recitano Bebeto-Edmundo come coppia titolare.
Ore 21: i verdeoro entrano mano nella mano nello Stade de France e, incredibile ma vero, c’è Ronaldo. C’è chi dice che Zagallo non se l’è sentita di escluderlo, c’è chi dice che sia stato il Fenomeno stesso a chiedere di giocatore, altri insinuano che sia sceso in campo per volere della Nike, che aveva praticamente in mano la Seleção. Fatto sta, che Ronaldo è praticamente un fantasma: ha una sola palla gol e la appoggia debolmente a Barthez. I Blues, invece, sono straripanti: al 27’ Petit batte magistralmente un corner da destra: la palla spiove in mezzo, precisa sulla testa del berbero con gli occhi di ghiaccio che la spara dentro. Prima di andare negli spogliatoi i Blues raddoppiano: ancora Zizou, ancora su corner, ancora di testa.

È notta fonda per i verdeoro, che si affidano (come al solito) a Ronaldo che però è un fantasma. Alla lunga il ritmo bailado dei brasiliani calò drasticamente: la fantasia di Leonardo e Rivaldo fu completamente bloccata dai due mastini francesi: il capitano Didier Deschamps (che vent’anni dopo, stavolta seduto in panchina, porterà di nuovo la Francia sul tetto del mondo) e il kanako Karembeu.
A tempo quasi scaduto ecco il tris: Dugarry porta palla per cinquanta metri, serve Vieira che appoggia per Petit dopo novanta metri di corsa trova la lucidità per trafiggere Taffarel.
I Brasiliani sono sotto shock e lo resteranno per quattro anni, quando si rifaranno ai mondiali in Asia, ma intanto l’Équipe de France est le champion du monde.



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